Top
Image Alt
Blog
News l’ospite inattes* 10 ed. 2025 – Davide Verazzani

l’ospite inattes* 10 ed. 2025 – Davide Verazzani

“Di dove sei?” Milano. “Sì, ma Milano Milano?” Sì. “Ma milanese milanese?” Sì, mio padre è milanese, mio nonno, pure. Mio bisnonno era nato a Baveno, però…

Ma l’ultima parte della frase manco la sentono, si sprecano gli oooh di meraviglia, un milanese autentico, incredibile. Manca solo che tirino fuori la macchina fotografica per ritrarre chi ai loro occhi è alla stregua di un parente di Toro Seduto.

Il mio schermirmi dicendo “sì però a dire il vero i genitori di mia mamma erano friulani, anche se hanno vissuto 50 anni a Milano” passa inosservato, anzi tendono a sottovalutarlo. È il patronimico che conta. In un mondo patriarcale, ancora oggi, la discendenza maschile registra, incanala, inquadra. Sono di Milano, quella roba là, lontana, irraggiungibile, misteriosa. Pericolosissima, e per questo incredibilmente affascinante. Chissà che avventure, a Milano. Chissà com’è la vita, a Milano.

Ecco, forse è stata questa reazione da parte degli amichetti trovati in Friuli quando, tra i 6 e i 14 anni, andavo a far vacanza dai miei nonni, a farmi iniziare a rendere orgoglioso di essere milanese. 

Anche se la bellezza di Milano non la vedevo, allora, non la capivo. D’altronde un ragazzino trova il bello dov’è il parco giochi, ovunque esso sia. E quella via dove giocavo a pallone, spelacchiata, piena di sassolini e di terra battuta, tra una piscina comunale e una casa popolare, a me sembrava Wembley.  

Per me è sempre stato ovvio poter prendere la metropolitana, magari favoleggiando che un giorno arrivasse dove abitavo, ad Affori (“ma figurati se arriva fin qua!” mi diceva mia sorella, con la faccia di chi la sa lunga). Naturale poter andare al cinema in corso Vittorio Emanuele senza nemmeno sapere che film vedere, bastava sceglierne uno fra i tanti, perché le prime visioni erano tutte lì. Quasi banale poter scegliere ogni estate i concerti preferiti, e un anno i Clash, e un mese dopo i Dire Straits, e una sera poter essere costretti a scegliere tra David Bowie e Peter Gabriel, ma chi se ne frega tanto torneranno prima o poi, perché da Milano ci passano tutti. 

Ma con gli anni ’90 Milano si rabbuia, chiudendosi in se stessa, come impaurita. Tutto si blocca, gli ingranaggi di quel macchinario stupefacente si arrugginiscono, e un grande magone mi pervade ogni giorno. Mi tocca pure allontanarmi dalla “mia” Affori, per una casa in cui mi sentirò per sempre un estraneo. Sono cresciuto, la laurea è in tasca ed è arrivato il momento di andarmene, di mettere chilometri tra me e questo luogo che ha smesso di essere fatato e pieno di opportunità. 

Negli anni successivi, girando per l’Italia, non ho mai smesso di difendere Milano a spada tratta nei confronti di chi la avversava. Ma è cretino, e poi vive a Roma e che ne sa, mi ripetevo parafrasando il testo di quel capolavoro di milanesità amorosa che è “Milano e Vincenzo” di Alberto Fortis. Ma che sconforto, però, quando da Roma ci passavo e vedevo le folle sul lungo Tevere e nei locali di Testaccio mentre a Milano tutti stavano tappati in casa e le parole “divertimento” e “cultura” parevano bestemmie.  

Ma poi le cose cambiano, ed ecco che Milano rinasce, rifiorisce, e pare che tutto diventi possibile. Proprio nello stesso periodo in cui, quasi per caso (ma il caso non esiste, è chiaro) smetto di vagabondare in settimana in tutta Italia e torno a centrare i miei interessi qui, in un quartiere che trova un nome un  po’ assurdo, NoLo, e che si riempie di locali, di gente che parla di progetti, di cose da fare. Per la prima volta sono nel posto giusto al momento giusto, ed è qui che faccio nascere il Fringe Festival che da qualche anno avevo in mente, chiamandolo come quel quartiere dal nome un po’ assurdo, NoLo Fringe Festival. 

Il resto è storia recente, che però è un frullatore che cambia, altera, distrugge e ricostruisce, scompagina, sconvolge, ribalta, magnifica, cavalca, stupisce, bofonchia, ottimizza, mischia, gorgoglia, accetta, tritura, include e poi esclude e poi di nuovo include. Ma sì dai, è così che funziona, in ogni metropoli. Ce lo diciamo, e poi rimpiangiamo i bei tempi andati. Stupidamente, perché viviamo in un eterno presente e non esiste un’età dell’oro, ma solo un’età in cui si è piccoli, pieni di speranze, e si guarda il futuro con occhi grandi e stupiti. Quell’età in cui favoleggiavo di una metropolitana che arrivasse ad Affori. Ed ora che ad Affori la metropolitana c’è per davvero, mi trovo a far parte di quell’ingranaggio, a sentirmene un po’ responsabile. E un po’ arrabbiato, e a volte basito, quando le cose sono faticose e non funzionano come dovrebbero. 

Sarebbe bellissimo se in futuro chi oggi è ragazzo ricordasse questa qui di oggi come un’età dell’oro. Se lo incontrassi, direi anche a lui che non esiste nessuna età dell’oro, però non potrei fare a meno di ringraziarlo. Perché c’è stato, e ha contribuito anche lui, come me, come tutti noi, ogni giorno, ogni minuto, con il nostro lavoro, le nostre gioie e, a volte, anche (e perché no?) e le nostre imbruttiture, a far diventare Milano quel che è. Qualunque cosa sia.

(e comunque, scusate, ma che bellezza la metropolitana ad Affori!

L’Ospite Inatteso
Rubrica SocioCulturalUrbana
Prima edizione 2016
Seconda edizione 2025

Uno spazio di lettura e riflessione su Milano

A otto anni di distanza dalla prima edizione, riprendiamo la rubrica che si confronta con amici, artisti, giornalisti, esponenti della cultura e della vita artistica che hanno in Milano un importante punto di riferimento.

Gli articoli offrono suggestioni, spunti e opinioni su come sta cambiando non solo Milano ma anche tutto il Mondo culturale che le gira attorno.

I Distratti